Quante volte hai assistito ad azioni di bullismo in classe?

Si parla molto di questo fenomeno che la scuola e la famiglia sono le prime ad affrontare. Sono tante le ripercussioni che il bullismo porta con sé sia psicologiche sia educative. È importante aiutare e proteggere la vittima, ma anche educare il bullo.

“Per educare un bambino serve l’intero villaggio”

Motto africano

Se per educare un bambino serve l’intero villaggio, si può certamente affermare che il bambino potrebbe perdere se stesso se il villaggio lo trascurasse. Quindi se questo fenomeno è sempre più dilagante, noi adulti tutti siamo chiamati in causa per chiederci qual è il modo più giusto per accompagnare nella crescita i nostri ragazzi.

In un mondo sempre più tecnologico, dove l’influenza che i new media hanno sui comportamenti dei giovani è forte, riscoprire il valore che le relazioni reali hanno rispetto a quelle virtuali, sapere come comportarsi e come evitare trappole e pericoli è fondamentale.    

Cominciare da quando sono piccoli. Condurre per mano un bambino affinché diventi una persona consapevole di sé e responsabile per sapersi confrontare con i compagni e poi da adulto con il resto della società.

Il bullismo, che non è un fenomeno moderno, legato ai nostri giorni, ma è sempre esistito, se un tempo rimaneva circoscritto alla classe e la scuola in cui si verificava o nel gruppo di amici, adesso con i social è possibile mettere in mostra la vittima ad un vasto pubblico della rete, procurandole una sofferenza maggiore, perseguitandola, isolandola, mortificandola, annientandola. Il bullismo diventa così cyberbullismo, una modalità d’azione sempre più subdola, dove il bullo può nascondersi sotto falsi profili e dove si può incappare in vere trappole della rete, sfide mortali per i ragazzi. 

Come possiamo combattere il bullismo e il cyberbullismo? In che modo possiamo captare i segnali di malessere che i ragazzi manifestano sia in classe sia a casa?

Il fenomeno che assume molte sfaccettature è diventato un grosso problema per gli insegnanti che spesso si sentono soli a gestire le situazioni complicate in classe e poi i genitori che si ritrovano in tante difficoltà per aiutare nel modo giusto i figli.   

Allora cosa fare?

Durante i miei laboratori con i ragazzi ho notato che hanno difficoltà a riconoscere le emozioni, a raccontare di sé. Inoltre durante gli incontri a scuola sul libro “Le Bulle”, che ho scritto con Laura Tullio (Fasi di Luna edizioni) i ragazzi riuscivano a parlare del bullismo solo attraverso quel racconto che avevano letto, ma non riuscivano a trovare il coraggio di parlare di sé.

“Cosa hai provato immedesimandoti nella storia della vittima?” ho chiesto ad un ad un ragazzino che aveva voluto commentare il racconto.

Il ragazzino, senza che nessuno se lo aspettasse, ha avuto il coraggio di raccontare che lui era stato una vittima sin dalla scuola dell’infanzia, poiché era cicciottello. Non è da tutti raccontare quello che accade e lui lo ha fatto poiché un giorno aveva deciso di confidarsi con il nonno e questo lo aveva aiutato parlandone a scuola con gli insegnanti e con il preside, che insieme avevano trovato il modo per aiutarlo.

Quando poi ho chiesto a un altro suo compagno: “Cosa hai provato immedesimandoti nella storia della bulla?”

La sua risposta è stata: “La bulla non mi piace!” 

La stessa risposta ho ricevuto anche da altri ai quali ho posto questa domanda. Da questo si può notare come nessuno possa provare simpatia per i bulli.

Eppure, se nella realtà i bulli non piacciono a nessun compagno, poi tutta la classe è pronta a rimanere in silenzio davanti alle loro azioni. È importante che i ragazzi sappiano che così come i gregari sono complici del bullo, altrettanto lo sono gli spettatori passivi.   

Come aiutare i ragazzi che sono così reticenti sia con gli insegnanti che con i genitori?

  • Ascolto attivo
  • Clima permeato di affetto
  • Dialogo

Se è importante il dialogo e l’ascolto attivo con i nostri ragazzi per creare un clima distensivo, riuscire a porre le giuste domande e creare un dialogo con loro significa sicuramente monitorare lo stato delle cose far percepire loro il giusto sostegno, dare fiducia e riceverla.  Inoltre mai etichettare un ragazzo.

Ma questo da solo non basta, le situazioni complicate sfuggono di mano.

Siamo sempre sicuri di riconoscere i segnali di malessere dei ragazzi in classe? A casa siamo sempre sicuri di riconoscere i segnali di malessere dei figli?

Ci sono segnali di malessere che è importante cogliere prima che il fenomeno si manifesti apertamente. Alcuni di questi sono evidenti, come ad esempio l’aggressività, le continue derisioni e prese in giro, lo studente comincia a fare a botte; altri non destano sospetto poiché sembrano riconducibili ad altre cause.

Tra i segnali meno evidenti in classe ci sono: stress emotivo, calo del rendimento scolastico, difficoltà a socializzare, lo studente è isolato dai gruppi di amicizia.

Anche i genitori spesso hanno difficoltà a riconoscere i segnali di malessere dei figli.

Tra i segnali meno evidenti a casa: cambio di strada per andare a scuola, rifiuto di andare a scuola, accusare malessere di vario tipo, spegnere il computer quando il genitore entra nella stanza, controllo ossessivo del cellulare. 

Invece il genitore riconosce subito che qualcosa non va quando il ragazzo torna con frequenti abiti danneggiati, lividi, graffi, tendenze autolesioniste e cambiamenti nel sonno e sbalzi d’umore.

E dunque come fare per proteggere e aiutare i ragazzi? Come combattere il bullismo?

Ci sono alcuni elementi fondamentali che vengono spiegati e analizzati nel libro “Combattere il bullismo a scuola. Guida pratica per insegnanti e genitori” che ho scritto con la psicologa Beatrice Manobianca.

Abbiamo proposto laboratori e questionari per i ragazzi e quando abbiamo incontrato alcune classi, interagendo con i ragazzi, li abbiamo invogliati a parlare di sé attraverso lo storytelling.

 Un’altra tecnica molto efficace è la scrittura del diario emotivo. Scrivere il diario dà la possibilità di compiere un’autoanalisi, di riflettere sulle situazioni ed è di aiuto per le vittime del bullismo.

Tuttavia in molti dei nostri incontri abbiamo notato nei bambini l’incapacità di descrivere le emozioni e saperle riconoscere. I bambini hanno bisogno di una alfabetizzazione emotiva con la quale riconoscere i sentimenti e provare empatia.

Grazie all’empatia si può comprendere lo stato d’animo dell’altro. Inoltre, partendo dalla letteratura per educare alle emozioni, sapendole riconoscere, si dà la possibilità di cominciare attraverso l’ascolto delle classiche fiabe per i più piccoli (ce ne sono tante che parlano di bullismo per fare un esempio: Dumbo, Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Hansel e Gretel) di provare le emozioni, riconoscere il male dal bene, compenetrarsi nello stato d’animo della vittima.

Anche i ragazzi più grandi possono attraverso la letteratura educarsi alle emozioni, e attraverso la scrittura del diario oppure attraverso il laboratorio teatrale riuscire a lavorare insieme ad un progetto e cooperare.

Le azioni da intraprendere da un punto di vista educativo  

  • Educare ai sentimenti partendo dalla letteratura
  • Educazione in rete e fuori dalla rete
  • Consapevolezza di sé
  • regole

Da un punto vista psicologico

  • Autonomia
  • Autostima
  • Creatività (Non artistica ma quella di sapersi destreggiare nelle difficoltà)

Nel bullismo che assume numerose sfaccettature e risvolti, l’autonomia significa riuscire a capire quando è il momento giusto per uscire da un gruppo se non approviamo le azioni dei componenti. Conoscere il proprio valore e le proprie capacità è il primo passo per non lasciarsi abbattere quando gli altri ti escludono, avere la creatività, significa essere capaci di uscire in modo anche insolito da situazioni complicate.

In ultimo le regole da stabilire che siano condivise e non coercitive.

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